DESCRIZIONE
Gli eremi in origine erano semplici celle, probabilmente di legno e frasche o ricavate in incavi nella roccia o in grotte, poi le celle vennero costruite in muratura e si raggrupparono attorno ad una chiesa. I cenobi presentavano costruzioni modeste, con oratorio e gruppo di celle annesso (MICHELINI TOCCI 1972).
Le abbazie (dette anche anche badie o abbadie) erano dei monasteri retti da un abate, con edifici più grandi e complessi. Spesso prima che sorgesse un’abbazia, nel luogo si trovava già un’eremo o un cenobio.
Sono descritti nella presente banca dati diversi edifici appartenenti a queste tipologie, o nel caso non siano più presenti, soltanto le relative notizie storiche.
– Abbazia di S. Croce di Fonte Avellana a Serra S. Abbondio
– Abbazia di S. Maria di Sitria a Scheggia e Pascelupo
– Abbazia di S. Michele Arcangelo a Cantiano (resti)
– Abbazia di S. Michele Arcangelo a Borgo Pace
– Abbazia di S. Benedetto di Scalocchio in un’énclave di Città di Castello
– Abbazia di S. Pietro di Massa a Cagli
– Abbazia di S. Geronzio a Cagli (scomparsa)
– Abbazia di Naro a Cagli
– Cenobio di S. Nicolò di Bosso a Cagli (scomparso)
– Abbazia di S. Cristoforo del Ponte a Urbania (resti)
– Abbazia di S. Silvestro in Iscleto a Fermignano (resti)
– Abbazia di S. Vincenzo al Furlo ad Acqualagna
– Abbazia di Lastreto a Fossombrone (resti)
– Abbazia di S. Maurizio a Sant’Ippolito
– Monastero di S. Sofia a Fossombrone (scomparso)
– Eremo di Monte Giove a Fano
– Abbazia di S. Paterniano, o di S. Martino, a Fano (scomparsa)
Luciano Poggiani
Umbria e Marche: S. Benedetto da Norcia e la nascita del monachesimo
A partire dal V-VI secolo d.C. si diffuse in Occidente un movimento ascetico originatosi nell’Oriente cristiano nel II secolo d.C. Alla sua base stava un netto rifiuto del mondo a favore di una vita eremitica e austera all’insegna della preghiera, in un totale distacco dalla civiltà. Col passare del tempo gli asceti si unirono in gruppi formando dapprima i “chiostri”, che erano piccole comunità di capanne vicine, poi i “cenobi”, costituiti da comunità più numerose dimoranti sotto un unico tetto guidati da un superiore ed osservanti una certa regola di convivenza e di disciplina.
Con il succedersi dei secoli, si formarono grandi comunità che furono guidate da veri legislatori: per l’Oriente S. Basilio e per l’Occidente, fra i tanti, S. Benedetto da Norcia (480-547).
Proveniente da una famiglia patrizia, S. Benedetto seguì gli studi a Roma, dopo di che si ritirò a vita solitaria, ma non ritenne sufficiente questa esperienza eremitica. Subito dopo fu chiamato alla guida di un monastero presso Vicovaro, ove raccolse intorno a sé molti discepoli e fedeli. Nel 529 fondò un monastero nei pressi di Montecassino.
Qui dettò ai suoi seguaci la “Regola” composta da 73 articoli preceduti da un prologo il cui significato profondo si esprimeva nel motto “ora et labora”, che concretizzava l’ascetismo dei consigli evangelici senza seguire l’esempio del monachesimo orientale, in prevalenza contemplativo ed individualistico.
La società ideale proposta era una comunità sufficiente a sé stessa in cui ciascuno lavorava a beneficio di tutti senza possedere beni propri. I monaci dovevano pregare, lavorare, studiare, scrivere libri e coltivare la terra, cantando le lodi di Dio, vivere con sobrietà ed essere ospitali, dando così un esempio valido a mitigare la ferocia di quei tempi barbari. Il monastero di Montecassino, come quelli di Farfa, di Monte S. Angelo, di Vivario, di S. Quirico d’Orcia, di S. Sepolcro, di Bobbio, di S. Michele, di S. Romedio, divenne centro di diffusione di una nuova realtà etico-religiosa e nello stesso tempo economica.
Spesso le costruzioni, difese da alte e solide mura, costituirono unità autonome e autosufficienti, capaci di stimolare la produzione agricola del terreno circostante e di offrire lavoro e protezione in caso di pericolo alla popolazione della zona. I monaci di Farfa, a causa delle incursioni dei Saraceni nei secoli IX e X, si sparsero nei contadi di Camerino, di Ascoli e di Fermo, nella valle del Sentino presso le corti di Anzia, di Cavallo Albo, di Serra S. Abbondio, nella valle dell’Esino presso le corti di S. Gregorio, di Salabona, di Silva Plana, di S. Vito e Casa Fenaria.
Le abbazie del X-XI secolo
A seguito dell’invasione longobarda avvenuta nella seconda metà del secolo VI non tutti i cenobi benedettini, presenti nella regione umbro-marchigiana, furono soppressi o dispersi, ma a cominciare dalla seconda metà del secolo X si verificò una loro vera e propria rinascita. La lenta e continua conversione al cristianesimo dei dominatori Longobardi sollecitò i signorotti feudatari a favorire la nascita di queste istituzioni,effettuando donazioni in loro favore per assicurarsi la protezione di Dio e dei suoi santi attraverso le preghiere dei monaci.
Tuttavia non soltanto gli interessi spirituali animarono questi feudatari, ma anche una politica intesa a salvaguardare i loro possedimenti, nel lento distaccarsi dal potere centrale in continuo decadimento dopo che Desiderio, re dei Longobardi, nel 774 era stato battuto da Carlo Magno.
In epoca ottoniana (X secolo), nei comitati di Nocera e Camerino, furono fondate le abbazie di S. Maria d’Appennino, di S. Vittore delle Chiuse, di S. Biagio in Caprile, di S. Angelo d’infra ostia, di S. Benedetto di Gualdo, di S. Cassiano di Valbagnola, di S. Emiliano in Congiuntoli, di S. Maria di Sitria, di S. Croce di Fonte Avellana, di S. Croce di Tripozzo, di S. Salvatore di Valdicastro, di S. Elena, di S. Urbano, di S. Maria de Rotis ed altre.
Non a caso tutti i più importanti cenobi vennero eretti in posizione strategica. S. Maria d’Appennino, infatti, era collocata sul passo di Croce d’Appenino a cavallo tra le Marche e l’Umbria; S. Biagio in Caprile era situata lungo la via Romana di Attidium-Nuceria; S. Angelo d’infra ostia lungo il diverticelo del trivio di Lentino; S. Emiliano in Congiuntoli si ergeva lungo la strada Scheggia-Sentinum; S. Vittore delle Chiuse era situata all’estremo confine del ducato di Spoleto.
Le donazioni dei feudatari avevano lo scopo di creare dei centri che dovevano animare tra la gente una fede religiosa atta a portare pace e stabilità sociale.
Le abbazie, grazie a queste donazioni, estesero i diritti patrimoniali nel territorio di Castel Petroso e nei comitati di Nocera e Camerino, permettendo ai signori rurali di sottrarre i loro averi al potere centrale dello Stato.
I cenobi a loro volta restituirono ai loro patroni, con concessioni enfiteutiche, i beni ricevuti dotati di diritti immunitari.
Intorno al Mille i grandi testimoni del fermento monastico presenti nel nostro territorio furono: S. Romualdo degli Onesti, S. Pier Damiani, S. Domenico Loricato e successivamente nel XIII secolo S. Silvestro dei Guzzolini.
Questi anacoreti risvegliarono da una profonda crisi gli ideali eremitici che esaltavano il distacco dei monaci dai beni terreni, in modo che le loro comunità ritornassero alla semplice vita spirituale.
I monasteri benedettini furono, oltre che centri polico-amministrativi, anche luoghi di attività culturali, lavorative e sociali. I monaci infatti si dedicavano all’agricoltura, all’assistenza dei poveri e degli ammalati, esercitavano molti mestieri, studiavano le scritture e dipingevano le immagini sacre contribuendo notevolmente, nell’area dell’Appennino umbro-marchigiano, al nascere della scuola pittorica del 1300.
Decadenza dei cenobi
Intorno al XIII secolo le abbazie iniziarono il loro declino dovuto principalmente all’affrancazione e alla commenda. La prima consisteva nella concessione della libertà ai molti vassalli e ai servi della gleba dipendenti dai cenobi.
La commenda era la nomina di un amministratore eletto dal Papa al di fuori dell’abbazia, nella persona di un ecclesiastico di elevata dignità che di solito era un abbate non claustrale. il commendatario governava il cenobio standone lontano, incaricando un priore o un vicario al controllo dell’osservanza.
Questa amministrazione portò lo scompiglio nelle abbazie; i monaci si sentirono umiliati per la privazione dei voto poichè ritenevano il commendatario una persona imposta, non gradita, che usufruiva dei beni della comunità. Presero pertanto a vivere nelle parrocchie poste sotto la loro cura abbandonando il monastero da cui dipendevano, mentre le nuove vocazioni cominciarono a prendere la via degli ordini mendicanti.
Federico Uncini
Autore: Uncini Federico, Poggiani Luciano
Fonte: http://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/beni-storici-artistici/scheda/10620.html